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  La Corte di cassazione: affido condiviso non significa trascorrere la stessa quantità di tempo con entrambi i genitori

A partire dal 2006, in caso di separazione e divorzio il giudice deve sempre dare preferenza all’affido condiviso dei figli. Con la sentenza n. 3652/2020, depositata il 13/02/2020 la Corte di cassazione ha chiarito come regolarlo.

La Suprema Corte ricorda che il punto di partenza deve sempre essere il benessere del minore e la sua crescita armoniosa e serena.
Questo significa che “affido condiviso” non vuol dire necessariamente una identica permanenza con entrambi i genitori. Non è la legge che stabilisce a priori come devono essere regolati i “turni” ma è il giudice che deve fare una ponderata valutazione, caso per caso, per individuare la soluzione maggiormente in linea con gli interessi del minore, anche sulla base della sua età e maturità.

Il minore ha diritto ad una significativa e piena relazione con i genitori e anche i genitori hanno diritto a una relazione con i figli e a svolgere il loro fondamentale ruolo educativo. Ma non sempre questi diritti si traducono nel passare la stessa quantità di tempo con ciascun genitore.

Un bambino in tenera età potrebbe essere destabilizzato e turbato nel vivere con “la valigia in mano” per stare lo stesso tempo con la mamma e col papà. Il principio della bigenitorialità significa quindi creare uno spazio relazionale con entrambi i genitori ma senza stravolgere i ritmi di vita del minore.

 

 

 

 

 

 

Fonti per approfondire:

 

Riferimenti nei testi Zanichelli:

  • Monti-Faenza, Res publica 4ed, pp. 132
  • Ronchetti, Diritto ed economia politica 4ed, vol. 1, pp. 246

 

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