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  Il Parlamento al tempo del Coronavirus: quali problemi e quali possibili soluzioni?

Il problema

Il rapido diffondersi dell’epidemia ha determinato un cambiamento radicale nella vita di tutti gli italiani, come cittadini e come lavoratori. Anche per l’ordinamento giuridico e per le sue istituzioni si è posta immediatamente la necessità di adeguarsi alle condotte di vita imposte dall’esigenza di prevenire il contagio e la diffusione del virus. In particolare, si è aperto il dibattito su se e come far funzionare il Parlamento al tempo del coronavirus.

L’ipotesi che riguarda il se può essere risolta in poche battute. Si è avvertito immediatamente la necessità di far continuare a lavorare il Parlamento. Anzi, è forse vero che, proprio nei momenti di emergenza, grava sul Parlamento, il suo ruolo di rappresentanza.
A questo punto resta da capire come permettere un funzionamento “in sicurezza”.
Per i parlamentari, oltre alle norme di prevenzione attuate per i cittadini comuni, servono delle accortezze ulteriori, per scongiurare che l’assemblea rappresentativa, il cui funzionamento è indispensabile per la continuità dell’ordinamento, diventi il luogo di diffusione del virus.
Il rischio che determinerebbe l’esplosione di un contagio in Parlamento in termini di tenuta del sistema, anche a livello simbolico, potrebbe risultare decisivo, in termini di esplosione della crisi istituzionale.

 

Alcune direttrici per ragionare

Questo è il modo in cui il problema si è presentato. Ora, prima di poter ragionare sulle soluzioni che sono state prospettate, ci sono dei fattori che occorre tenere a mente, e che possono diventare decisivi.

  • Il Parlamento per lavorare ha bisogno di un numero legale. Perché le votazioni siano valide, in particolare, è necessario che siano presenti almeno la metà più uno dei componenti (il cosiddetto “quorum strutturale”).
  • L’epidemia determina il rischio di distorcere la rappresentatività. È ciò che succede inevitabilmente ogni volta che uno o più parlamentari appartenenti a un gruppo non possono partecipare ai lavori perché colpiti dalla malattia.
  • La Costituzione italiana è una delle poche che non contiene disposizioni che regolino il funzionamento delle sue istituzioni, e dunque del Parlamento, in caso di emergenza.
  • Le assemblee legislative, nelle democrazie liberal-democratiche come quella italiana, non sono solo i luoghi in cui si producono votazioni. La loro natura è molto complessa e le loro attribuzioni sono molto profonde, comprendendo momenti di deliberazione (che è cosa diversa e più ampia del voto) che seguono momenti di discussione, che è ciò che in realtà ne caratterizza la funzione.

 

Le possibili soluzioni

La soluzione più radicale è quella secondo cui il Parlamento dovrebbe continuare a lavorare seguendo le indicazioni ordinarie. Secondo questa ipotesi, nulla dovrebbe cambiare nei lavori parlamentare durante questa fase di emergenza.

Un’ipotesi diversa è quella del voto “scaglionato” o prolungato. Secondo questa soluzione il Parlamento potrebbe lavorare prolungando in più giornate le sessioni di voto, in modo da poter scaglionare la presenza in aula dei parlamentari e permettere di evitare che al suo interno si creino aggregazioni di persone.

Un’altra ipotesi è quella del voto “telematico”, realizzato attraverso l’utilizzo di piattaforme che permettano di discutere e votare a distanza.

Altri invece hanno avanzato l’idea far lavorare il Parlamento a “presenze limitate”. L’idea cioè è quella di trovare un accordo tra i gruppi parlamentari per ridurre il numero dei presenti in aula, selezionando coloro che saranno presenti in modo da garantire la proporzionalità fra i gruppi parlamentari, che la casuale diffusione del virus potrebbe invece alterare. Questa è stata l’ipotesi seguita per le prime sedute, in virtù di una decisione assunta, all’unanimità, dalla conferenza dei capigruppo (l’organo interno a ciascuna Camera composto dai presidenti dei gruppi parlamentari).
Si tratta di un accordo che ha solo valore politico e che non ha alcun effetto giuridicamente vincolante. Ciò significa che se i singoli deputati volessero potrebbero comunque partecipare al voto. Impedire a un deputato l’esercizio del suo mandato sarebbe infatti incostituzionale. Si tratta di un accordo politico, una sorta di
gentleman agreement, che peraltro trova nella storia alcuni precedenti e simili contemporanei in altri ordinamenti.
Rappresenta, in un certo senso, la manifestazione amplificata di una pratica conosciuta con il nome di pairing, che consiste in un sistema per cui alle assenze per impossibilità materiale di un certo numero di parlamentari della maggioranza corrisponde l’assenza volontaria di altrettanti dell’opposizione e viceversa.

 

Riferimenti nei testi Zanichelli:

  • Ronchetti, Diritto ed economia politica 4ed, vol. 3, pp. 139 – 145
  • Monti-Faenza, Res publica 4ed, pp. 220-238
  • Ronchetti, Diritto e legislazione turistica 4ed, vol. 2, pp. 79 ss. e pp. 94-96

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