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  Arriva l’ordinanza del Commissario straordinario sulla app “Immuni”: cosa è stato fatto finora e quali questioni andranno affrontate?

Il 16 aprile il Commissario per l’emergenza Domenico Arcuri ha adottato un’ordinanza relativa alla stipula del contratto di concessione gratuita della licenza d’uso sul software di contact tracing e di appalto di servizio gratuito con la società Bending Spoons S.p.a.
Già da alcune settimane la possibilità di implementare ed utilizzare un sistema digitale di controllo e tracciamento era stata posta sul tavolo, anche da attori istituzionali, contribuendo ad alimentarne la vivacità ed insieme la confusione del dibattito pubblico.

Che cosa sappiamo:

  • Il Commissario straordinario ha adottato l’ordinanza del 16 aprile sulla base del decreto “cura Italia” (decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18) che all’art. 122 prevede che “al fine di assicurare la più elevata risposta sanitari all’emergenza il Commissario attua e sovrintende a ogni intervento utile a fronteggiare l’emergenza sanitaria“. Il Commissario ha dunque ritenuto il software di contact tracing un bene strumentale particolarmente utile, ai sensi dell’art. 122, a contenere e contrastare l’emergenza epidemiologica COVID-19.
  • L’adozione dell’ordinanza è stata preceduta da una fast call for contribution, rivolta a individuare le migliori soluzioni digitali e tecnologiche per il monitoraggio “attivo” del rischio di contagio. All’esito di questa fase è stata selezionata l’applicazione denominata “Immuni” proposta, a titolo gratuito, dalla societàà Bending Spoons S.p.a.
  • Il 21 aprile, nel corso di un’audizione al Senato, il Presidente del Consiglio ha ribadito la necessità di ricorrere a strumenti di questo tipo ma ha poi chiarito che l’utilizzo avverrà su base volontaria e che, per chi non accetterà di farvi ricorso, non sarà prevista alcuna limitazione della libertà di movimento.
  • A questo punto è intervenuto il Copasir (Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica, organo bicamerale composto da 5 senatori e 5 deputati scelti in modo da garantire la rappresentanza paritaria della maggioranza e delle opposizioni) che ha programmato una serie di audizioni.
  • Occorre poi sapere che la normativa europea in materia di dati personali, in particolare l’art. 9, comma 2 del GDPR, stabilisce che”è vietato trattare dati personali” (par. 1) ma poi stabilisce che il divieto non si applichi quando il trattamento è necessario per motivi di interesse pubblico nel settore della sanità (par.2, lett.i).

Questo è il poco che si sa e per questo è particolarmente difficile mettere ordine su ciò che ancora deve essere deciso. Per questo allora è utile più che mai, in attesa degli eventi che faranno chiarezza sul modo in cui l’applicazione verrà effettivamente realizzata e regolata, tracciare il perimetro in cui collocare la questione. In questo modo sarà un po’ più semplice leggere e comprendere i problemi che, prevedibilmente, sorgeranno.

 

Una rapida premessa lessicale
In che senso cioè il termine prevenzione viene utilizzato in questa faccenda? La app è uno strumento pensato per prevenire l’ulteriore diffondersi del virus. “Prevenire” significa porre in essere atti che si ritengono idonei ad evitare il verificarsi di un evento futuro e incerto. Le misure preventive di sicurezza le abbiamo fino ad ora conosciute secondo questa struttura, cioè pensate per evitare il verificarsi di un evento incerto. Pensate alle più classiche misure antiterrorismo.
La app di cui si discute, invece, è uno strumento pensato non per evitare ma per gestire la diffusione del virus e limitare la sua velocità di propagazione. Qui l’accadimento è certo, l’emergenza è già in atto e ci siamo pienamente dentro, l’incertezza riguarda solo il tempo e la dimensione della diffusione. Tutto ciò serve solo per avere coordinate un po’ meno confuse per comprendere la questione di fondo che interessa il diritto costituzionale.

Che cosa importa al diritto costituzionale
La reazione dell’ordinamento al diffondersi dell’epidemia è consistita, e non poteva essere altrimenti, in una radicale limitazione di diritti e libertà fondamentali. Su tutti: il diritto all’istruzione, il diritto al lavoro, la libertà di circolazione, la libertà di iniziativa economica privata, la libertà di religione. Diritti e libertà che chi prende le decisioni ha ritenuto di dover sacrificare per tutelare altri beni di rilevanza costituzionale: vita e salute. Ciò di cui si discute in riferimento alla app “Immuni” è che cosa fare del bilanciamento che contrappone vita e salute ad un bene che fino ad ora non era mai stato interessato: la privacy. È chiaro a tutti che, se si dovesse decidere di intraprendere un’azione di tracciamento diffuso tramite strumenti capaci di raccogliere, incrociare ed elaborare continuamente pressoché qualsiasi dato che riguarda le nostre relazioni (non si tratta solo di sapere dove siamo, ma anche con chi e per quanto tempo), la libertà di ognuno di mantenere per sé queste informazioni sarebbe violata.

Ma guardiamo, più da vicino, quali sono i problemi che si pongono e si porranno.

Le cose importanti che ancora non sappiamo:

1  Il fine, ovvero il contenuto:

  • I soggetti da tracciare: il Governo ha lasciato intendere fino ad ora che ad essere tracciati saranno gli infetti, ma questo rimane un punto da chiarire. Chi sarà tracciato e come saranno individuati i soggetti da tracciare?
  • Un altro punto fondamentale riguarda i dati raccolti. Quali saranno cioè i dati considerati necessari per il contenimento del virus e quali invece superflui, e da chi sarà gestito il server presso cui saranno raccolti.
  • La sorte dei dati. La normativa europea e nazionale su questo non sembra lasciare margine di scelta: la distruzione dei dati è inevitabile, perché la privacy arretra solo fino a quando permane la situazione di emergenza, terminata la quale tutto dovràtorna nella condizione in cui era prima.

2 Il modo, ovvero la fonte:

Sarà importante capire anzitutto quale veste giuridica avrà l’atto che deciderà la disciplina dello strumento. Si tratta infatti di un atto che inciderà profondamente su libertà costituzionali fondamentali e non è pertanto possibile che possa essere sufficiente un intervento del Commissario straordinario, e nemmeno che la forma assunta sia quella degli atti adottati fino ad ora dal Presidente del Consiglio (gli ormai noti dpcm). Le alternative possibili sembrano due. La legge del Parlamento sarebbe certamente la veste che garantirebbe meglio la rappresentanza e la possibilità per le minoranze di intervenire. L’ipotesi del decreto-legge invece permetterebbe un intervento più rapido, che potrebbe essere giustificato sulla base del carattere assolutamente temporaneo del trattamento e permetterebbe comunque l’intervento successivo del Parlamento.
Un altro punto da chiarire sarà il ruolo delle Regioni, che però non pare possano intervenire in contrasto con la disciplina statale.

 

Una piccola appendice: il Commissario straordinario
L’art. 11 della legge 400 del 1988 disciplina il potere del Consiglio dei Ministri di nominare un Commissario straordinario per realizzare specifici programmi o indirizzi definiti dal Governo o dal Parlamento e per coordinare a livello operativo plurime amministrazioni locali. La nomina avviene su proposta del Presidente del Consiglio e con deliberazione del Consiglio dei Ministri. Il Governo è ricorso frequentemente alla nomina di un Commissario straordinario per gestire situazioni di particolare emergenza come quelle conseguenti al sisma del Centro Italia del 2016 e al crollo del Ponte Morandi di Genova. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 18 marzo 2020 è stato nominato il Commissario straordinario «per l’attuazione e il coordinamento delle misure occorrenti per il contenimento e il contrasto dell’emergenza epidemiologica Covid-19».

 

Fonti per approfondire:

 

Riferimenti nei testi Zanichelli:

  • Ronchetti, Diritto ed economia politica 4 ed, vol. 3, p. 83
  • Monti – Faenza, Res publica 4ed, p. 41

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