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  La Cassazione torna sulla natura contrattuale della responsabilità del curatore fallimentare

Con la sentenza n. 13597 del 2 luglio 2020 la Prima Sezione civile della Corte di Cassazione chiarisce alcuni principi sulla natura della responsabilità del curatore fallimentare. Il tema, dibattuto in passato, consiste nel corretto inquadramento giuridico dell’art. 38 della legge fallimentare (l’azione di responsabilità contro il curatore revocato).

Il caso riguardava una domanda di risarcimento proposta dalla curatela fallimentare di una S.p.a. ai danni di un curatore cui era stato revocato l’incarico a seguito di un errore in una pratica di rimborso Iva nell’estate del 2001. Nell’accoglimento delle motivazioni della curatela ricorrente, i giudici di ultima istanza chiariscono alcuni principi generali:

Da tempo ormai il paradigma della responsabilità contrattuale prevista dall’art. 1218 c. c. (responsabilità da inadempimento di una obbligazione) viene applicato ogni qualvolta ci si trovi in presenza di una obbligazione preesistente distinta dal fatto illecito. La giurisprudenza ha, ad esempio, ricondotto da tempo all’art. 1218 la responsabilità dell’obbligazione derivante da “contatto sociale” o la responsabilità derivante dalla violazione degli obblighi di buona fede oggettiva nello svolgimento delle trattative.

L’applicazione dell’art. 1218 c.c. comporta diverse conseguenze in tema di prescrizione (decennale anziché quinquennale), onere della prova (la dimostrazione dell’esatto adempimento grava sul debitore), valutazione della diligenza richiesta ex art. 1176 c.c. (la diligenza professionale opposta al criterio del buon padre di famiglia).

La Cassazione sostiene che la prestazione richiesta al curatore fallimentare è assimilabile a quella del mandato ex lege. Il curatore è tenuto al compimento degli atti giuridici previsti dalla legge con la perizia e la diligenza richieste dalla natura professionale dell’incarico (art. 1176 secondo comma). Il curatore, inoltre, conserva il pieno potere decisionale rispetto agli atti dovuti dal suo incarico. Per questo motivo, la responsabilità del curatore non può essere esclusa dalla sussistenza dell’autorizzazione ad agire del giudice delegato della procedura fallimentare. L’autorizzazione del giudice non interrompe il nesso di causalità tra l’azione del curatore e il danno subito dal fallimento, al più configura una ipotesi di concorso nella responsabilità dello stesso.

 

Fonti per approfondire: 

 

Riferimenti nei testi Zanichelli:

  • Ronchetti, Diritto ed economia politica 4ed, vol. 2, pp. 141 – 142

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