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  Referendum costituzionale sulla riduzione dei parlamentari: un vademecum

La Costituzione della Repubblica italiana è una costituzione rigida. Questo significa, insieme ad altre, tre cose molto concrete:

  1. la Costituzione contiene in sé alcuni caratteri che assume come immodificabili (principi fondamentali) e che quindi non possono essere cambiati;
  2. tutto ciò che si può cambiare, deve essere modificato attraverso un apposito procedimento di revisione disciplinato dalla Costituzione;
  3. questo procedimento deve essere aggravato (aggravato, ovviamente, rispetto al procedimento legislativo ordinario).

Il referendum costituzionale è una parte, eventuale, di questo procedimento. E tra meno di un mese si voterà proprio per un referendum costituzionale. Vediamo di cosa si tratta, e come funziona!

L’8 ottobre 2019 è stata approvata la riforma che prevede la riduzione del numero dei Parlamentari. Poiché il numero dei parlamentari è stabilito espressamente dalla Costituzione (all’art. 56 per quanto riguarda la Camera dei Deputati e all’art. 57 per quanto riguarda il Senato della Repubblica) la riforma consiste in una modifica della Costituzione.

L’atto con cui è possibile modificare la Costituzione è la legge di revisione costituzionale. Quando si parla del procedimento aggravato di revisione costituzionale ci si riferisce, in realtà, proprio al procedimento di formazione delle leggi di revisione costituzionale, disciplinato dall’art. 138 Cost. Si tratta di una variante (aggravata, appunto) del procedimento legislativo ordinario.
La caratteristica distintiva del procedimento di formazione delle leggi di revisione costituzionale (nonché ciò che lo rende un procedimento aggravato) è la doppia lettura (lettura significa esame del testo e deliberazione) intercorsa da una pausa di riflessione di almeno tre mesi. Questo significa che le leggi di revisione costituzionale devono essere approvate per due volte da ciascuna Camera (a differenza del procedimento di formazione di tutte le altre leggi, in cui è necessaria l’approvazione del medesimo testo da entrambe le Camere – sistema della navette – ma solo una volta per ciascuna).

La prima lettura funziona esattamente nel modo in cui si approvano tutte le leggi (art. 72 co. 1). Proprio come per le leggi ordinarie infatti, il testo può essere sottoposto ad emendamenti, il suo esame avviene secondo il solito sistema della navette e per la votazione finale è richiesta la maggioranza relativa (50%+1 dei votanti). L’unica distinzione tra il procedimento legislativo ordinario e la prima lettura del procedimento di revisione costituzionale è (art. 72 co. 4) che è necessario che dell’esame e dell’approvazione si occupi l’assemblea (procedimento in sede referente o normale). Non è dunque possibile deferire l’esame e l’approvazione alle Commissioni (non è cioè possibile seguire i procedimenti in sede referente e deliberante).
Una volta che il testo viene approvato in prima lettura si deve rispettare la c.d. pausa di riflessione: un periodo di tre mesi che deve necessariamente intercorrere tra la prima deliberazione e l’inizio della seconda lettura. Trascorsi i tre mesi si apre la seconda lettura, che è diversa dalla prima soprattutto perché non ammette la presentazione di emendamenti. È cioè una fase di mera approvazione del testo (che non può essere modificato). Ed è diversa poi, e soprattutto, per la maggioranza richiesta.

Ma qui ci si deve fermare un attimo.
A questo punto infatti possono succedere tre cose.

  1. In seconda lettura non si raggiunge la maggioranza assoluta —> il procedimento di approvazione termina e la legge non è approvata (la Costituzione non sarà modificata)
  2. In seconda lettura si raggiunge la maggioranza dei 2/3 —> il il procedimento di approvazione termina, la legge è approvata e sarà promulgata dal Presidente della Repubblica e pubblicata in Gazzetta Ufficiale (la Costituzione sarà modificata)
  3. In seconda lettura si raggiunge la maggioranza assoluta, ma non la maggioranza dei 2/3 in entrambe le Camere —> il procedimento di approvazione prosegue.

Nei casi 1 e 2 il procedimento di revisione, dunque termina senza che si svolga alcun referendum, che invece, come vedremo ora, riguarda il caso 3. Il referendum è pertanto un momento non necessario ma eventuale del procedimento di revisione costituzionale.

Il testo della legge di revisione costituzionale che riduce il numero dei parlamentari per cui si voterà a settembre è stato approvato dalla Camera dei deputati, in seconda votazione, a maggioranza dei due terzi dei suoi componenti, nella seduta dell’8 ottobre 2019, dopo però che il Senato, in seconda votazione, lo aveva approvato a maggioranza assoluta dei suoi componenti, nella seduta dell’11 luglio 2019. Il procedimento di formazione della legge di revisione costituzionale con cui si vuole ridurre il numero dei parlamentari rientra dunque nel caso n. 3.

Vediamo allora come prosegue il procedimento nel caso n. 3.
Quando in seconda lettura si raggiunge la maggioranza assoluta, ma non la maggioranza dei 2/3 in entrambe le Camere, la legge di revisione viene pubblicata in Gazzetta a solo scopo notiziale. La pubblicazione serve cioè solo per dare conoscenza dell’avvenuta approvazione, in modo che i soggetti che ne hanno facoltà possano richiedere che la legge sia sottoposta a referendum costituzionale. La legge verrà infatti sottoposta a referendum popolare se, entro tre mesi dalla pubblicazione notiziale, ne facciano domanda: 1/5 dei membri di una Camera o 500.000 elettori o 5 Consigli regionali.

E infatti, la legge di riduzione del numero dei parlamentari è stata sottoposta a referendum in seguito alla richiesta di 71 Senatori (più di 1/5 dei componenti del Senato della Repubblica) che hanno potuto richiedere che la riforma fosse sottoposta a referendum costituzionale proprio perché non approvata in entrambe le Camere a maggioranza dei 2/3. Il 23 gennaio 2020 l’Ufficio centrale per il referendum ha dichiarato l’ammissibilità della richiesta di referendum, che si svolgerà il prossimo 20 settembre 2020.

 

Come funziona il referendum costituzionale
Il referendum costituzionale è, ovviamente e prima di tutto, un referendum. In questo condivide la natura con l’altro tipo di referendum di cui fa menzione la Costituzione italiana: il referendum abrogativo disciplinato dall’art. 75 cost. Entrambi sono infatti consultazioni dirette, autorizzata e regolato dalla Costituzione, affinché il corpo elettorale si pronunci su singole questioni.
È solo questo però ciò che condividono, che per il resto sono invece molto diversi.
Il referendum costituzionale ha infatti una natura diversa da quello abrogativo. È infatti un referendum di tipo confermativo. Mentre con il referendum abrogativo si decide se abrogare o meno una legge già in vigore, con il referendum confermativo si decide se confermare o meno una legge, in corso di approvazione, e non ancora entrata in vigore.
Da questa diversità derivano le due principali differenze operative.

  1. Il referendum costituzionale può essere proposto da 1/5 dei membri di una Camera, il referendum abrogativo no. Questo proprio perché il referendum abrogativo agisce su leggi in vigore, e ciò fornirebbe ad una minoranza molto risicata la possibilità (potenziale) di mettere in discussione ogni atto legislativo non gradito.
  2. Il referendum costituzionale si svolge senza alcun quorum strutturale. Il quorum strutturale è il numero di partecipanti ad una votazione richiesto affinché questa sia valida (perché un referendum abrogativo sia valido, ad esempio, è necessario che alla votazione partecipino almeno la metà più uno degli aventi diritto al voto). Se ne prescinde invece nel caso del referendum costituzionale, in cui si procede al conteggio dei voti espressi indipendentemente dal numero dei votanti.

 

Riferimenti nei testi Zanichelli:

  • Monti-Faenza, Res publica 4ed, pp. 105-10
  • Ronchetti, Diritto e legislazione turistica 4ed, vol. 2, pp. 39-4
  • Ronchetti, Diritto ed economia politica 4ed, vol. 3, pp. 37-41

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