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  La Grande Sezione della Corte di Giustizia afferma il principio della neutralità di internet (net neutrality)

I fatti in causa

La controversia posta all’attenzione della Corte di Giustizia vedeva contrapporsi uno dei principali operatori nel settore delle tecnologie dell’informazione e comunicazione dell’Ungheria (società Telenor) e l’Ufficio nazionale dei media e delle comunicazioni.
In particolare, la società Telenor offriva ai suoi clienti tra le varie proposte due pacchetti chiamati “a tariffa zero“. Questi pacchetti consentivano per alcune applicazioni e per alcuni servizi che il traffico di dati generato dal loro utilizzo non fosse computato nel consumo del volume di dati acquistato.
Quindi, coloro che acquistavano questi pacchetti potevano continuare ad utilizzare le app e i servizi (previsti dai pacchetti) anche quando era stato esaurito il volume di dati; diversamente, per le applicazioni e i servizi non previsti dai pacchetti questo regime di accesso preferenziale non valeva e l’utente, dopo aver terminato i dati a disposizione, l’utente non poteva più utilizzarle.
Quanto appena descritto, però, secondo l’Ufficio nazionale dei media ungherese non è conforme a quanto previsto dal Regolamento 2015/2120. Più precisamente l’Ufficio ha dichiarato che queste offerte violano l’obbligo di trattamento equo e non discriminatorio del traffico (art. 3 par. 3 del regolamento).

 

Cosa si intende per obbligo di trattamento equo e non discriminatorio del traffico?

Tale obbligo è chiamato anche principio della neutralità della rete.
Il principio in questione prevede che qualsiasi forma di comunicazione elettronica che sia veicolata da un operatore dovrebbe essere trattata in modo non discriminatorio, indipendentemente dal contenuto, dall’applicazione, dal servizio, dal terminale, nonché dal mittente e dal destinatario.
Ne consegue che nessuno può favorire contenuti piuttosto che altri, applicazioni piuttosto che altre, etc. La neutralità della rete fa sì che questi provider non facciano favoritismi in quanto a fruizione dei contenuti richiesti.
Dunque, in base a questo principio Internet è un bene comune e che i provider di servizi internet e telefonici non possono controllare, nè limitare l’accesso degli utenti.
Questo concetto è stato introdotto nel 2002 da Tim Wu, docente di legge presso la Columbia Law School della città di New York, il quale proponeva l’introduzione di norme e regole che garantissero la libertà online, evitando discriminazioni nella trasmissione di contenuti.
Senza net neutrality, un provider potrebbe rallentare a piacere la richiesta di connessione a un sito, o bloccarlo del tutto, e far pagare a un produttore che vuole utilizzare la banda Internet per offrire i propri contenuti.

 

Cosa ha deciso la Corte di Giustizia?

La Corte con la sentenza del 15 settembre 2020 (cause riunite C-807/18 e 39/19) ha affermato che quando misure di rallentamento o di blocco del traffico sono basate non su requisiti di qualità tecnica del servizio obiettivamente diversi di specifiche categorie di traffico, ma su considerazioni di ordine commerciale, tali misure devono ritenersi, in quanto tali, incompatibili con il regolamento 2015/2120.
Pertanto, pacchetti come quelli sottoposti al controllo del giudice sono, in via generale, tali da violare il regolamento e il principio della neutralità della rete.

 

Fonti per approfondire:

 

Riferimenti nei testi Zanichelli:

  • Ronchetti, Diritto ed economia politica 4ed, vol. 3, pp. 426

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