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  I migranti ambientali: la protezione umanitaria per il caso di disastro ambientale

Introduzione: la definizione di protezione umanitaria

Vi sono ancora molti Paesi nel mondo in cui la popolazione è soggetta a guerre, torture, discriminazioni, persecuzioni. Per questo motivo la Comunità internazionale e le sue Organizzazioni hanno ritenuto inevitabile la predisposizione di piani di aiuto e di accoglienza per coloro che fuggono da queste atroci situazioni.

Quali sono gli strumenti di aiuto e sostegno?

Vi sono tre forme di aiuto.  Due sono previste a livello internazionale: lo status di rifugiato e la protezione sussidiaria, la terza è stata introdotta in Italia nel 1998 ed è regolata dall’articolo 5 comma 6 del testo unico 286/98: la protezione umanitaria.

Vediamole velocemente.

1) Lo status di rifugiato è previsto dalla Convenzione di Ginevra del 1951 ed è riconosciuto a qualsiasi persona che nel proprio paese di origine o nel paese in cui vive «rischia persecuzioni per motivi di razza, religione, nazionalità, appartenenza ad un determinato gruppo sociale o per le sue opinioni politiche». È considerato, di diritto, rifugiato chi ha un ragionevole timore di poter essere, in caso di rimpatrio, vittima di persecuzione. Rientrano nel concetto di persecuzione tutte quelle situazioni in cui vi potrebbe essere una violazione grave dei diritti fondamentali. Tra le persecuzioni sono comprese la violenza fisica o psichica, la violenza sessuale, il reclutamento dei bambini-soldato, le pratiche dei matrimoni forzati e anche le mutilazioni genitali femminili.

2) La protezione sussidiaria, la seconda forma di protezione internazionale, è uno status riconosciuto a chi è cittadino di un paese terzo o è apolide e «rischia di subire un danno grave» in caso di rientro nel proprio paese: rischia cioè di essere ucciso, di essere torturato o di subire le conseguenze di una situazione di violenza generalizzata e di conflitto.
Il riconoscimento dello status di rifugiato e di protezione sussidiaria necessitano di una indagine fatta dalle Commissioni Territoriali che devono stabilire se ci sono le condizioni per dare protezione internazionale al soggetto richiedente.

Qualora non dovessero sussistere le condizioni per utilizzare i primi due strumenti, ma ci sono comunque «seri motivi, in particolare di carattere umanitario o risultanti da obblighi costituzionali o internazionali dello stato italiano» per offrire protezione, può essere richiesta la protezione umanitaria.

3) La protezione umanitaria è un titolo con il quale si riconosce un permesso di soggiorno per i cittadini stranieri che ne fanno richiesta per motivi umanitari. È uno strumento molto importante perché ha un valore molto ampio: espande i motivi di tutela ben oltre il catalogo del rifugio politico e della protezione sussidiaria.
La protezione umanitaria costituisce una delle forme di attuazione del diritto di asilo costituzionale. Questa caratteristica consente di dire che si tratta di uno strumento aperto e flessibile che tende ad adeguarsi ai mutamenti storici politici del fenomeno migratorio.

 

I fatti in causa

Proprio con riferimento a questo ultimo strumento si è pronunciata di recente la Corte di Cassazione italiana con l’ordinanza n. 5022 del 24 febbraio 2021.
Nella fattispecie una Commissione Territoriale aveva negato ad un richiedente il riconoscimento della protezione internazionale. Tale diniego era stato impugnato dinnanzi ad un Tribunale e ulteriormente confermato. A questo punto il ricorrente propone ricorso per Cassazione.
In particolare, il ricorrente lamenta che il giudice di merito non ha riconosciuto la protezione internazionale (sussidiaria) o umanitaria perché non ha considerato la situazione di disastro ambientale esistente nel delta del Niger un motivo che giustificasse la richiesta.
Invero, il Tribunale ha, da una parte, riconosciuto l’esistenza nella zona del Niger di una grave situazione di dissesto ambientale, dovuta agli sversamenti di petrolio che hanno contaminato la zona, ma non ha ritenuto questa situazione sufficiente per concedere la protezione sussidiaria. Più nel dettaglio, il Tribunale riconosce che la situazione nigeriana è caratterizzata dalla notevole povertà della popolazione locale (che non beneficia dei proventi della principale risorsa naturale dell’area) e dall’altro, dall’insicurezza legata a sabotaggi, danneggiamenti, rapimenti di personalità pubbliche e aggressioni anche contro le forze di polizia. Sennonché, secondo il Tribunale di merito, tale situazione non è sufficiente per configurare una condizione di violenza generalizzata rilevante ai fini della concessione della protezione sussidiaria. Inoltre, il giudice non ha considerato in alcun modo la possibilità di concedere la protezione umanitaria.

 

Le conclusioni del Comitato delle Nazioni Unite nel caso Teitiota

La questione della concessione della protezione in caso di disastro ambientale e climatico è stata affrontata dal Comitato delle Nazioni Unite nell’ambito del caso Teitiota.
In questo caso un cittadino delle isole Kiribati aveva chiesto il riconoscimento del diritto di asilo politico in Nuova Zelanda a causa del pericolo per la sopravvivenza, sua e della sua famiglia, causata dei cambiamenti climatici.
I cambiamenti climatici avevano provocato l’innalzamento del livello del mare nell’area del Pacifico mettendo a rischio di sommersione l’isola di Tarawa nella quale il ricorrente abitava. Il ricorrente affermava l’estrema instabilità e l’incertezza delle sue condizioni di vita e le paragonava a quella di un migrante in fuga dalla guerra.
Il Comitato ONU, pur rigettando la domanda a causa della mancata dimostrazione dell’effettivo pericolo di sommersione dell’isola dalla quale egli proveniva, ha affermato un principio importante: gli Stati hanno l’obbligo di assicurare e garantire il diritto alla vita delle persone.  Tale diritto si estende anche alle minacce ragionevolmente prevedibili e alle situazioni potenzialmente letali che possono comportare la perdita della vita o comunque un sostanziale peggioramento delle condizioni dell’esistenza tra cui il degrado ambientale, i cambiamenti climatici e lo sviluppo insostenibile. Queste circostanze possono influire negativamente sul benessere di un individuo e causare una violazione del suo diritto alla vita.Dunque, secondo il Comitato il principio generale del non refoulement, che vieta il rimpatrio di un richiedente asilo in un contesto territoriale in cui ci sono rischi di danno irreparabile alla sua incolumità, si applica tutte le condizioni di pericolo.

 

L’ordinanza della Corte di Cassazione

Sulla base di quanto stabilito dal Comitato ONU, la Corte di Cassazione nell’ordinanza del 24 febbraio 2021 ha affermato che il giudice, qualora ravvisi, in una determinata area, una situazione idonea ad integrare un disastro ambientale, per riconoscere protezione umanitaria deve condurre una specifica indagine rispetto al rischio per il diritto alla vita e ad un’esistenza dignitosa derivante dal degrado ambientale. Il pericolo per la vita non deve necessariamente derivare da un conflitto armato ma può dipendere da condizioni socio-ambientali, comunque riferibili alle azioni dell’uomo, che mettono seriamente a rischio la sopravvivenza del singolo e dei suoi congiunti.
La Corte Suprema, in sintesi, ha affermato che l’accertamento effettuato dal giudice di merito in ordine al presupposto del “nucleo ineliminabile costitutivo dello statuto della dignità personale”, investe, non solo, l’esistenza di una situazione di conflitto armato, ma anche qualsiasi contesto che sia, in concreto, idoneo ad esporre i diritti fondamentali alla vita, alla libertà e all’autodeterminazione dell’individuo al rischio di azzeramento o riduzione, ivi inclusi i casi del disastro ambientale, definito dall’art. 452-quater c.p., del cambiamento climatico e dell’insostenibile sfruttamento delle risorse climatiche.
Per questi motivi la Corte di Cassazione ha accolto il ricorso e ha ritenuto che il Tribunale, pur avendo accertato che nella zona del delta del Niger una situazione di disastro ambientale, erroneamente non l’ha valutata come un valido motivo per la concessione della protezione umanitaria.

 

Attività

Dividetevi in quattro gruppi.
Dopo aver letto l’articolo e letto i materiali consigliati per approfondire, ogni gruppo crea una presentazione in PowerPoint in cui spiega:

Gruppo 1. Quali sono le forme di protezione e di accoglienza?
Gruppo 2. Di cosa si è occupa l’ordinanza della Cassazione: quali sono i fatti in causa?
Gruppo 3. Cosa ha statuito il Comito ONU nel caso Teitiota e quali erano i fatti in causa?
Gruppo 4. A quali conclusioni è giunta la Corte di Cassazione nell’ordinanza di febbraio 2021?

Al termine unite i lavori in un unico file. Ciascun gruppo espone la propria parte al resto della classe.

 

Fonti per approfondire:

 

Riferimenti nei testi Zanichelli:

  • Monti-Faenza, Res publica 4ed, p. 79
  • Ronchetti, Diritto e legislazione turistica 4ed, vol. 2, p. 49
  • Ronchetti, Diritto ed economia politica 4ed, vol. 3, p. 49

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