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Legenda

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  Firma digitale: scriveremo un nuovo capitolo sul Referendum?

Il referendum abrogativo è l’istituto (una vera e propria fonte del diritto di rango primario) attraverso cui il corpo elettorale può decidere di abrogare una legge, interamente o in una sua parte.
La Costituzione attribuisce il potere di richiedere l’indizione del referendum abrogativo a cinquecentomila elettori o cinque Consigli Regionali.

L’art. 75 della Costituzione, infatti, dispone che «può essere indetto referendum popolare per deliberare la abrogazione, totale o parziale, di una legge o di un atto avente valore di legge, quando lo richiedono cinquecentomila elettori o cinque Consigli regionali».

 

L’art. 75 ha trovato applicazione solo nel 1970 – per ragioni legate alla conflittualità del contesto politico dei primi anni del secondo dopoguerra – attraverso l’approvazione della legge n. 352.
La legge 352/70 ha regolato la concreta realizzazione dell’istituto stabilendo, tra le altre cose, i tempi e le modalità della raccolta delle sottoscrizioni. Questa disposizione arriva dunque ai giorni nostri esattamente come fu scritta tra il 1946 e il 1947 e per come applicata dalla legge del 1970.

 

Tra allora ed oggi molte cose sono cambiate nella società italiana, ma nessuna di queste ha alterato la natura e l’essenza del referendum abrogativo, così come il senso di quella disposizione.
Fino ad ora, per lo meno. Tutto, infatti, sembra essere cambiato il 19 luglio 2021, quando nelle Commissioni riunite Affari Costituzionali e Ambiente della Camera è stato approvato un emendamento al decreto-legge “semplificazioni” (decreto-legge n. 77 del 2021) con cui è stata modificata la legge n. 352 del 1970 introducendo la possibilità di sottoscrivere con firma digitale (per esempio attraverso SPID) le proposte di referendum e le iniziative legislative.

L’innovazione rappresenta certamente un’evoluzione astrattamente auspicata e auspicabile, nel segno della digitalizzazione (e quindi della semplificazione) della partecipazione dei cittadini alla vita politica e democratica, ma deve essere compresa in tutta la sua portata.
Le evoluzioni tecnologiche, infatti, non sempre si limitano a provocare effetti quantitativi sull’oggetto a cui si applicano, lasciando invariata la loro qualità. Talvolta (quelle più profonde) producono una trasformazione dell’oggetto a cui si applicano. Non riguardano più, cioè, solo il modo in cui certe cose si fanno, ma trasformano complessivamente la natura della cosa che si fa.

Pensate, solo per fare un esempio, all’evoluzione tecnologica rappresentata dalla diffusione dei social network (lo strumento) e all’effetto che ha avuto sullo “stare insieme” (l’oggetto). Il social network è davvero solo un ulteriore strumento dello “stare insieme” o è forse un elemento capace di trasformare la natura stesso “stare insieme” in modo complessivo?
Ora poniamoci la stessa domanda per la firma digitale (strumento) applicata al referendum (oggetto). La firma digitale è davvero solo un ulteriore strumento di sottoscrizione, o è un elemento capace di trasformare la natura stessa referendum in modo complessivo?

I fatti più recenti dimostrano la necessità di porsi questa domanda. Nel mese di settembre appena trascorso, infatti, sono state raccolte le firme per la presentazione di molte importanti proposte referendarie. Tra queste, le più note sono probabilmente: “eutanasia legale”, “depenalizzazione della cannabis”, “no green pass”, “giustizia giusta”.

L’art. 32 della Legge n. 352 del 1970 stabilisce, infatti, che le richieste di referendum devono essere depositate in ciascun anno dal 1° gennaio al 30 settembre. In particolare, all’interno di questo periodo, è prevista una finestra di tre mesi – luglio, agosto e settembre – per la raccolta delle firme necessarie

Alcune di queste proposte hanno raggiunto il requisito di 500.000 firme ad una velocità impressionante. Dopo l’approvazione dell’emendamento, ad esempio, la campagna per l’indizione del referendum su “eutanasia legale” ha visto un’impennata verticale di sottoscrizioni, superando abbondantemente l’obiettivo delle 500mila firme prima di fine agosto. La stessa cosa è successa con la proposta del referendum sulla legalizzazione della cannabis, che ha raccolto più della metà delle sottoscrizioni necessarie in pochi giorni.

Ma, soprattutto, in futuro, la stessa cosa potrebbe astrattamente accadere anche per le iniziative legislative, e anche per mezzo di gruppi di potere, lobby ben organizzate o perfino singoli influencer che, già particolarmente capaci di mobilitare l’opinione pubblica, potrebbero essere in grado di condizionare direttamente il processo politico democratico.
E infatti in questi giorni si è accesso il dibattito sulla necessità di modificare la disciplina del referendum abrogativo.

 

Attività

In classe, prendendo a turno la parola, esponete il vostro parere sul dibattito in corso: secondo voi è opportuno prevedere correttivi alla disciplina del referendum? Se sì, quali potrebbero essere le misure più efficaci per adeguare l’istituto del referendum all’introduzione della firma digitale? Se invece siete contrari, quali sono le vostre ragioni?
Confrontatevi tra voi, ricordando che ogni intervento deve durare al massimo 3 minuti.

Fonti per approfondire

Riferimenti nei testi Zanichelli:

  • Ronchetti, Diritto ed economia politica 4ed., vol. 3, pp. 21-24
  • Monti-Faenza, Res publica 4ed., p. 232
  • Ronchetti, Diritto e legislazione turistica 4ed., vol. 2, pp. 21-24

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