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  BRICS verso l’espansione: a gennaio accoglieranno sei nuovi membri

Dal 22 al 24 agosto, a Johannesburg, in Sudafrica, si è tenuto il quindicesimo summit dei paesi BRICS (Brasile, Russia, India, Cina, Sudafrica), evento che ha polarizzato l’attenzione degli osservatori in campo economico e politico e che si è concluso con un importante annuncio di espansione del gruppo.

Presenti i 4 capi di Stato per Brasile (Luiz Inácio Lula da Silva), Cina (Xi Jinping), Sudafrica (Cyril Ramaphosa) e India (Narendra Modi), mentre il Vladimir Putin è stato sostituito dal ministro degli affari esteri Victor Lavrov, a causa del mandato di arresto emesso dalla Corte Penale Internazionale nei confronti del Presidente russo per i crimini di guerra compiuti in Ucraina.

 

Che cos’è il BRICS?

Prima di entrare nel merito del summit appena tenutosi, facciamo un passo indietro per chiarire la natura del BRICS: organizzazione internazionale, convenzione tra Stati o cartello geopolitico?

L’acronimo BRIC viene utilizzato per la prima volta nel 2001 dall’economista Jim O’Neill, presidente della Goldman Sachs, che identificò il gruppo di economie in via di sviluppo di Brasile, Russia, India e Cina come i possibili protagonisti dello scenario economico e geopolitico del ventunesimo secolo. Negli anni, il rapporto tra i Paesi BRIC (in seguito BRICS, dopo l’adesione del Sudafrica nel 2010) si è intensificato assumendo sempre più i caratteri di una collaborazione stabile e ufficiale. In particolare, a partire dal 2009, quando si riunirono per la prima volta in seguito all’esplosione della crisi finanziaria globale, i Paesi BRICS hanno organizzato un summit ufficiale ogni anno per discutere di intese economiche, politiche e per costruire un polo d’intesa alternativo al blocco di Paesi occidentali del G7 (Canada, Francia, Germania, Italia, Stati Uniti, Giappone, Regno Unito).
Pur trattandosi di un movimento in espansione, al momento la struttura BRICS è tutt’altro che formalizzata e fa riferimento ai vertici tra i paesi coinvolti e al supporto reciproco che questi hanno dimostrato in seno alle organizzazioni internazionali che li vedono coinvolti, in particolare le Nazioni Unite.

Gli obiettivi di collaborazione finanziaria ed economica, nonché la volontà di costruire progressivamente un’alternativa al modello finanziario occidentale, hanno generato un crescente interesse da parte delle altre economie mondiali. Attualmente, circa 40 Stati hanno presentato richieste di adesione, formali e informali, al movimento.
Un ostacolo da non sottovalutare, pensando alle possibilità di integrazione dei paesi BRICS è dato dal fatto che si tratta di Stati profondamente diversi sotto il profilo politico ed economico, accomunati principalmente dal fatto di non essere occidentali e di non fare parte dei blocchi economici europei e statunitensi. Un ulteriore ostacolo alla collaborazione tra i paesi del movimento è dato dalle evidenti disuguaglianze tra gli stessi. In assenza di una matrice culturale comune, se consideriamo le statistiche sul PIL, è evidente il divario tra la Cina, seconda economia globale, e il Sudafrica, che non raggiunge i primi trenta paesi del mondo. In questo senso, non è un caso che il rilancio e l’espansione del movimento stiano subendo l’influenza, in positivo o in negativo, delle crescenti tensioni internazionali dovute all’invasione dell’Ucraina e alle conseguenti sanzioni economiche adottate dai paesi occidentali nei confronti della Russia.

Sul piano politico, il conflitto internazionale ha messo in evidenza l’ambiguità dei rapporti tra i paesi BRICS, i quali non hanno attualmente una posizione uniforme né in difesa né in accusa della Russia. Sul piano economico, invece, è innegabile come l’esclusione della Russia dal sistema di pagamenti internazionali Swift (ne parlavamo qui) e le sanzioni economiche provenienti dal mondo occidentale abbiano messo in evidenza, una volta di più, la leadership del dollaro come valuta negli scambi internazionali.

 

L’espansione del movimento: i nuovi ingressi e i punti comuni per lo sviluppo

In occasione dell’ultimo summit, il blocco ha annunciato che, a partire dall’1 gennaio 2024, sei nuovi paesi entreranno a far parte del movimento. Si tratta di Argentina, Egitto, Iran, Etiopia, Arabia Saudita e degli Emirati Arabi Uniti. I nuovi ingressi solidificano la rappresentanza del gruppo dei paesi del Sud del mondo, mantenendone i caratteri di contrapposizione al blocco politico ed economico occidentale. Nelle parole di Xi Jinping, si tratta di una manovra “storica” che darà “nuova linfa agli sforzi per la pace mondiale e allo sviluppo economico”. All’atto pratico, non è ancora chiaro quali saranno i risvolti dell’espansione annunciata. Tuttavia, è interessante notare i cambiamenti che l’accordo produce sulla bilancia dell’economia globale. Nelle parole del Presidente del Brasile, Lula da Silva, nel 2024 i paesi BRICS rappresenteranno il 36% del PIL mondiale e il 47% della popolazione globale, dati che gli consentirebbero di superare in estensione il blocco del G7 che attualmente conterebbe meno del 10% della popolazione e circa il 27% del PIL mondiale.

Le possibilità di inclusione future all’interno del movimento, passeranno attraverso una dichiarazione di 94 punti resa al termine del summit. Il testo parla di multilateralismo inclusivo, un approccio volto a costituire uno spazio di pace in cui promuovere lo sviluppo di intese e collaborazioni di tipo economico, rispettando l’identità e le tradizioni di ciascun paese coinvolto. Sebbene i contorni della collaborazione risultino ancora da chiarire nei contenuti e nei risvolti pratici, l’espansione annunciata e le possibili adesioni future, forniscono un’interessante prospettiva sull’evoluzione degli equilibri economici: cosa succederebbe se tra i membri del gruppo venisse effettivamente approvata una politica stringente di contrasto all’utilizzo del dollaro?

 

La “de-dollarizzazione” e l’utopia di una moneta unica

In apertura al vertice di Johannesburg, Putin, raggiunto in videochiamata, evidenziando un calo costante nell’utilizzo del dollaro tra i membri BRICS,  descriveva come irreversibile il processo di de-dollarizzazione. Con questo termine, utilizzato in ambito economico, ci si riferisce alla diminuzione nell’utilizzo del dollaro per i pagamenti e gli scambi internazionali a favore di altre valute come l’euro o, nel caso dei paesi BRICS, il renminbi cinese.

L’esigenza di maggiore tutela in ambito finanziario e di indipendenza rispetto alle strutture occidentali, è da sempre un obiettivo cruciale della collaborazione tra i Paesi e le economie in via di sviluppo. In questo senso, nel 2014, i BRICS annunciavano la nascita della Nuova Banca di Sviluppo (New Development Bank BRICS), un istituzione finanziaria con un capitale dichiarato di 100 miliardi che avrebbe costituito la principale alternativa al Fondo Monetario Internazionale (FMI) e alla Banca Mondiale.

Da anni si discute della possibilità di adozione, da parte dei membri del blocco, di una moneta unica (che potrebbe essere proprio la valuta cinese) e, tuttavia, a parere degli economisti la proposta rappresenta ancora un’utopia. L’esperienza dell’Unione Europea con l’Euro, ad esempio, ha messo in luce l’elevato grado di integrazione culturale, armonizzazione giuridica e collaborazione che è necessario raggiungere tra paesi che vogliano costituire una efficiente unione monetaria al proprio interno. I paesi BRICS, insomma, sarebbero ancora molto lontani dal raggiungimento di questi standard.

Non a caso, infatti, le dichiarazioni dell’ultimo summit sembrano quasi un passo indietro. Il gruppo non cercherà di sostituire i sistemi di pagamento internazionali come lo Swift ma si concentrerà, piuttosto, sulla creazione di intese e accordi utili al rafforzamento delle valute locali.

 

Attività

Costruire un atlante economico e politico

Quali sono gli attuali equilibri geopolitici a livello globale?
Guidati dall’insegnante, dotatevi di una mappa geografica mondiale (cartacea o digitale).
Siete in grado di riconoscere quali paesi fanno parte del G7 e del cosiddetto “blocco occidentale” e quali, invece, del BRICS+6? Dal punto di vista economico, quali sono le valute maggiormente utilizzate nell’economia globale? Fate una piccola ricerca per rispondere correttamente ai quesiti.

 

Fonti per approfondire:

 

Riferimenti nei testi Zanichelli:

  • Ronchetti, Diritto ed economia politica 5ed, vol. 3 – pp. 330-332
  • Righi Bellotti-Selmi, Economia globale 2ed., vol. 2 – pp. 358-360

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