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  L’Italia condannata dalla CEDU per aver violato i diritti di una bambina nata da maternità surrogata

Introduzione

Cosa si intende per maternità surrogata?

La maternità surrogata è un processo attraverso il quale una donna, chiamata gestatrice o madre surrogata, si impegna a portare a termine una gravidanza per conto di un’altra persona o di una coppia, che diventerà poi il genitore o i genitori legali del neonato.
La decisione di ricorrere alla maternità surrogata spesso deriva dal desiderio di avere un figlio quando ciò non è possibile attraverso mezzi naturali o altre tecniche di procreazione assistita.
In alcuni casi la madre surrogata è anche madre biologica del nascituro, mentre in altri casi non ha un legame genetico con il bambino, prestandosi solo per la gestazione.

Quale è la legislazione italiana in materia?

In Italia la maternità surrogata è illegale. La legge italiana proibisce espressamente l’uso delle madri surrogate, indipendentemente dal fatto che ciò avvenga a titolo gratuito o a pagamento.
La legge n. 40 del 2004, che regolamenta le tecniche di procreazione medicalmente assistita in Italia, stabilisce che tutte le pratiche in cui si preveda la gestazione per conto di terzi sono vietate.
Il divieto è giustificato dal fatto che tali pratiche violano il principio dell’ordine pubblico.

L’ordine pubblico è un concetto giuridico che si riferisce a un insieme di principi e norme fondamentali che una società considera essenziali per il suo benessere, il suo buon funzionamento e la protezione dei valori essenziali. Si tratta di principi e norme che una società non è disposta a derogare o compromettere, indipendentemente dagli accordi o dalle intenzioni private degli individui.

Gli elementi che il legislatore ritiene problematici e lesivi dell’ordine pubblico sono:

  • La circostanza che la maternità surrogata possa ridurre la donna a un mero “utero in affitto”, minando la sua dignità, e che le donne in situazioni economiche precarie possano essere sfruttate come madri surrogate facendo leva sul loro stato di bisogno.
  • La possibilità che un bambino nato attraverso la maternità surrogata possa subire conseguenze psicologiche o sociali, dal momento che viene separato dalla donna che lo ha portato in grembo.

Il divieto di maternità surrogata comporta che alcune coppie scelgono di ricorrere a questa modalità all’estero. Quando tornano in Italia, queste coppie non ha la possibilità di chiedere il riconoscimento dell’atto di nascita del minore.

A cosa serve il riconoscimento dell’atto di nascita?

Il riconoscimento dell’atto di nascita di un minore nato all’estero è una procedura che permette di validare e registrare in Italia un documento di nascita rilasciato da un’autorità straniera. Questo riconoscimento è fondamentale per assicurare che il minore possa godere di tutti i diritti e le prerogative previste dalla legge italiana, compreso il diritto di cittadinanza.

Il caso dinnanzi alla CEDU: i fatti

Nel 2018 una coppia italiana conclude un contratto di maternità surrogata in Ucraina, a seguito del quale nasce una bambina. La coppia è formata da L. B., che è padre anche biologico della bambina, e E. A. M., che è madre sociale ma non biologica (una donatrice anonima ha fornito l’ovulo).
Alla nascita della bambina, viene rilasciato un certificato di nascita in Ucraina. I genitori chiedono l’iscrizione dell’atto di nascita nei registri dello stato civile di un comune italiano.
La richiesta però viene respinta in quanto la trascrizione è contraria all’ordine pubblico.
A questo punto, i genitori presentano ricorso al tribunale chiedendo, in primo luogo, la trascrizione del certificato e, in subordine, la trascrizione del solo nome del padre biologico. Il pubblico ministero chiede al tribunale di accogliere la domanda subordinata.
Il tribunale però respinge il ricorso.
L.B. e E.A.M. presentano appello contro questa decisione e chiedono, con una domanda di provvedimenti provvisori, la trascrizione parziale dell’atto di nascita per quanto riguarda L.B. Il pubblico ministero chiede alla Corte d’appello di accogliere l’appello.
Ma l’ufficio di stato civile rifiuta la trascrizione parziale.

 

La questione giuridica

Dopo aver esperito tutti i rimedi interni, la questione è giunta dinnanzi alla CEDU.
Per conto dei suoi genitori, la bambina ha fatto ricorso affermando che l’impossibilità di ottenere il riconoscimento in Italia della sua filiazione, legalmente stabilita all’estero, violasse il suo diritto al rispetto della sua vita privata e familiare garantito dall’articolo 8 CEDU.
Inoltre, il rifiuto delle autorità italiane di riconoscere come suoi genitori il suo padre biologico e la sua madre sociale, insieme al fatto di non avere la cittadinanza, la ponevano in uno stato di grandissima incertezza giuridica. In particolare, molte difficoltà si ponevano nei rapporti con l’asilo nido, con la scuola e con il servizio sanitario nazionale per avere accesso a un pediatra.

 

Valutazione della Corte di Strasburgo

La Corte ritiene che vi sia stata un’ingerenza nel diritto della ricorrente al rispetto della sua vita privata.
Su questo punto la Corte fa un ampio ragionamento. Essa ribadisce che il rispetto della vita privata richiede che ognuno sia in grado di stabilire i dettagli della propria identità di essere umano, e questo include la propria filiazione.
Secondo la Corte l’assenza del riconoscimento dell’atto di nascita:

  • viola il diritto del minore al rispetto della sua vita privata,
  • ha conseguenze negative su diversi aspetti del diritto del bambino al rispetto della vita privata e
  • pone il bambino in una situazione di svantaggio in quanto si trova in una situazione di incertezza giuridica per quanto riguarda la sua identità nella società.

I tribunali italiani che hanno respinto le domande di trascrizione, secondo la Corte, non hanno ponderato i vari interessi in gioco, non hanno considerato le esigenze di rapidità ed efficienza richieste in questi tipi di procedimenti né hanno previsto alcuna altra soluzione alternativa.

Secondo la Corte la ricorrente, di quattro anni, è stata tenuta in uno stato di prolungata incertezza sulla sua identità personale sin dalla sua nascita. In particolare, si trova senza una filiazione accertata, con conseguenze significative sul suo stato civile, ed è considerata apolide in Italia.

Per questi motivi la Corte dichiara, con sei voti contro uno, che vi è stata una violazione dell’aspetto procedurale dell’articolo 8 della Convenzione nel contesto dell’accertamento della filiazione tra il ricorrente e L.B. (padre biologico).

 

Attività

Attività di ricerca comparata: la maternità surrogata in Europa.
La maternità surrogata è un argomento complesso che abbraccia aspetti medici, etici, legali, sociologici ed emotivi. Concentrando l’attenzione sugli aspetti legali, svolgete una ricerca per scoprire come questa pratica viene disciplinata in altri Paesi europei.
Dividetevi in due gruppi.
Il primo si documenta sulla normativa di un Paese europeo in cui, come in Italia, la maternità surrogata è vietata (per esempio Francia, Germania o Spagna).
Il secondo gruppo invece si documenta sulla normativa di un Paese europeo in cui la maternità surrogata è consentita (per esempio Grecia, Belgio, Portogallo), cercando di evidenziare se è completamente libera o soggetta a condizioni, e per quali motivi è consentita.
Al termine ciascun gruppo riferisce al resto della classe.

 

Fonti per approfondire:

 

Riferimenti nei testi Zanichelli:

  • Monti, Per Questi Motivi, vol. 3, pp.437-439
  • Monti, Per Questi Motivi, Articolazione RIM, vol. 2, p. 164-171