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  Il 2023 è l’anno record della tassa di soggiorno

Secondo un’indagine dell’Osservatorio Nazionale sulla Tassa di soggiorno, il 2023 sarà l’anno in cui i Comuni guadagneranno di più dalla riscossione della imposta (c.d. tassa) di soggiorno. Ben 702 milioni di euro.
Questo record si spiega, da un lato, per il maggior numero di Comuni che oggi ne richiedono il pagamento (1.013), dall’altro, però, anche per l’aumento delle tariffe causato dall’adeguamento al costo della vita.

 

Cos’è l’imposta di soggiorno?

Storicamente introdotta nei primi del ‘900, l’attuale normativa risale al 2011, in particolare all’art. 4, d.lgs. n. 23/2011 (che si occupa di federalismo fiscale municipale).
L’imposta di soggiorno – impropriamente chiamata tassa di soggiorno – viene richiesta ai turisti o, meglio, a coloro che alloggiano nelle strutture ricettive, alberghiere ed extra-alberghiere.
Condizione per poterne richiedere il pagamento è che si tratti di Comuni inseriti negli elenchi delle località turistiche o città d’arte.

Il suo scopo è finanziare interventi in materia di turismo a partire dal sostegno alle strutture ricettive, ma anche interventi di manutenzione, fruizione e recupero dei beni culturali e ambientali del territorio interessato.
L’imposta di soggiorno è di competenza comunale e, per tale motivo, la legge prevede la possibilità che i Comuni abbiano la facoltà di prevederne eventuali riduzioni o esenzioni (ad es. i bambini sotto una certa età, le persone disabili, le persone facenti parte delle forze armate).

Il suo ammontare è stabilito da ciascun Comune, sulla base di criteri di gradualità, in proporzione al prezzo del soggiorno. Si prevede che possa arrivare fino a 5€ per notte di soggiorno nelle strutture alberghiere più lussuose.
In realtà, nell’ultima legge di bilancio approvata (l. n. 197/2022), è stata prevista una norma (art. 1, c. 787) la quale innalza la soglia massima da 5€ a 10€ al giorno, ma solo per quelle città che abbiano un numero di presenze turistiche venti volte superiore rispetto alla popolazione media nel triennio tra il 2017 e il 2019. Dai dati rilevati dall’Istat, le città che potrebbero oggi sfruttare questa previsione sono Rimini, Venezia, Verbania, Firenze e Pisa.

Come emerge dal report dell’Osservatorio sopra citato, questa imposta è stata spesso usata per finalità lontane da quelle originariamente previste.
Si rileva infatti che vengono spesso destinate al riequilibrio finanziario del Comune nella predisposizione del bilancio annuale, oppure per far fronte all’aumento dei costi energetici. Motivi che poco hanno a che fare con il settore turistico. Ciò si spiega soprattutto perché la normativa appare mancante, anche dal punto di vista degli interventi di controllo. Infatti, nonostante l’art. 4, d. lgs. n. 23/2011 contemplasse la necessità di emanare dei regolamenti attuativi, in realtà, ad oggi, non risultano esser stati ancora previsti.

 

Attività

Dopo aver letto l’articolo, dividetevi in più gruppi.
Ipotizzate di fare parte dell’Ufficio imposta di soggiorno di un Comune e di dover presentare un progetto, in PowerPoint, sull’utilizzo di questa imposta in base alle finalità previste dalla legge.

 

Fonti per approfondire:

 

Riferimenti nei testi Zanichelli:

  • Ronchetti, Diritto e legislazione turistica 4ed, vol. 1, p. 366; 114
  • Ronchetti, Diritto e legislazione turistica 5 ed, vol. 1, pp. 97-98