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  Claudia Goldin vince il Nobel per l’Economia: si è occupata del gender pay gap

Il 9 Ottobre la Royal Swedish Academy of Sciences di Stoccolma ha attribuito il premio Nobel per l’Economia del 2023 a Claudia Goldin, ricercatrice impegnata nell’ambito dell’uguaglianza di genere e, in particolare, del gender pay gap, il divario retributivo tra uomini e donne.

L’attribuzione di un riconoscimento così importante punta nuovamente i riflettori su un tema che ha catalizzato a più riprese il dibattito giuridico, sociale ed economico legato alle moderne problematiche del mondo del lavoro. Il raggiungimento dell’uguaglianza di genere, intesa in questo caso come pari opportunità di accesso alle carriere professionali e parità di retribuzione, rappresenta il goal n. 5 dell’Agenda 2030 dell’ONU, nonché un obiettivo condiviso dall’Unione Europea, dall’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE) e dall’Organizzazione Internazionale del lavoro (OIL).

 

Chi è Claudia Goldin?

Claudia Goldin, nata a New York nel 1946, è stata la prima donna a diventare Professor of Economics presso la celebre università di Harvard. Co-direttrice del Gender in Economy Study Group della Nber (National Bureau of Economic Research), ha dedicato parte della sua carriera allo studio degli equilibri di genere nel mondo del lavoro, all’approfondimento delle cause del gender pay gap e al ruolo delle donne nell’economia moderna.

L’Academy Svedese le ha riconosciuto il premio per aver contribuito al progresso nella comprensione del ruolo delle donne nel mercato del lavoro. In particolare, il lavoro di ricerca portato avanti dall’economista si concentra su due aspetti: una corretta ricostruzione storica del ruolo della donna nel mercato del lavoro (dall’epoca pre-rivoluzione industriale ai giorni nostri) per comprendere e interpretare le moderne problematiche che riguardano le donne lavoratrici.

 

Il lavoro di ricerca

A partire dal 1980, l’economista americana ha iniziato a ricercare in modo più metodico le cause delle differenze di genere nel mercato del lavoro partendo dalla ricostruzione storica con l’obiettivo di indagare le ragioni che ancora impediscono alle donne lavoratrici di rompere il soffitto di cristallo. Con questo termine si identificano tutti gli ostacoli e le barriere che impediscono la piena equiparazione di genere in ambito lavorativo. La consapevolezza circa l’esistenza di queste barriere è aumentata notevolmente negli ultimi anni e, ad oggi, il glass ceiling è un indicatore utilizzato dall’UE, OCSE e OIL (nonché da una moltitudine di altri organismi internazionali, enti e operatori di settore) per misurare il grado di diseguaglianza di genere.

Scavando oltre il XX secolo, il lavoro di Claudia Goldin ricostruisce i cambiamenti nel ruolo della donna lavoratrice nel passaggio da un’economia basata sull’agricoltura (1790) alla società contemporanea. Anche se spesso venivano censite semplicemente come “mogli”, non era affatto inusuale che le donne dell’epoca pre-industriale lavorassero insieme ai mariti agricoltori o li aiutassero nelle attività economiche. Le trasformazioni industriali di fine XIX Secolo impattarono notevolmente la percentuale di donne sposate impegnate in attività lavorative causando un declino sensibile nella forza-lavoro femminile. Nel periodo di 200 anni analizzato dall’economista, insomma, il lavoro femminile descrive un andamento a U (U-shaped curve) che tocca i suoi punti minimi nei primi anni del Novecento, a cavallo tra le guerre mondiali.

Claudia Goldin evidenzia l’importanza delle aspettative sociali nei confronti delle donne e dei ruoli che queste sono state chiamate a svolgere all’interno della società americana attraversando vari cicli generazionali, ruoli che hanno avuto un impatto diretto sul mercato del lavoro. Nel descrivere le ragioni del trend positivo nella forza lavoro femminile nel secondo dopoguerra, l’economista americana cita l’ottenimento di titoli di studio e di un livello educativo più alto, la trasformazione delle aspettative sociali e l’introduzione, alla fine degli anni ‘60, della pillola, un metodo contraccettivo indipendente dalla popolazione maschile. I risultati della ricerca condussero alla pubblicazione, nel 1990, del testo Understanding the Gender Gap: An Economic History of American Women.

Per quanto riguarda il divario retributivo, invece, un articolo pubblicato nel 2010 evidenzia l’importanza del parenthood effect: in un mercato del lavoro in cui i datori di lavoro si aspettano flessibilità e disponibilità costante dai lavoratori, è necessario modificare gli strumenti a sostegno della famiglia o modificarne la struttura per raggiungere la tanto agognata eguaglianza retributiva.

 

Attività

Il Gender pay gap: uno sguardo ai dati 

Il divario retributivo di genere è una realtà scomoda. Le economie occidentali osservano il fenomeno da anni e si interrogano su quali strumenti implementare per ridurlo o, addirittura, eliminarlo del tutto. Partendo dall’esame dei dati forniti dall’osservatorio dell’OCSE, discutete del tema in classe e rispondete alle seguenti tre domande:

  • Come si posiziona l’Italia rispetto alle altre economie occidentali?
  • Quali sono gli strumenti attualmente in vigore per promuovere la parità di genere nel mondo del lavoro?
  • Secondo te, quali iniziative sociali, strumenti normativi o economici aiuterebbero a colmare il gap?

 

Fonti per approfondire:

 

Riferimenti nei testi Zanichelli:

  • Ronchetti, Diritto ed economia politica 5ed, vol. 3 – pp. 106-108
  • Ronchetti, Diritto ed economia politica 5ed, vol. 1 – pp. 233-234
  • Righi Bellotti – Selmi, Il mondo dell’economia – pp. 328-329
  • Righi Bellotti – Selmi, Economia globale – pp. 331-332