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  Raggiunta l’intesa per le modifiche al Patto di Stabilità e Crescita. Che cosa cambia?

Tra le notizie di maggior rilievo per l’economia Italiana sul finire del 2023, oltre l’approvazione definitiva della manovra finanziaria per il 2024, il 20 dicembre i ministri delle finanze dei 27 Stati membri dell’Unione Europea hanno raggiunto, in sede di Consiglio dell’UE, un accordo per la riforma del Patto di Stabilità e Crescita (PSC).

La riforma, frutto di lunghi negoziati durati oltre un anno, passerà adesso all’esame della Commissione e del Parlamento europeo, in attesa di avere l’approvazione definitiva entro la prima parte del 2024. La riforma, se approvata, entrerà in vigore a partire da Giugno 2024, data per la quale è prevista la riattivazione dei vincoli derivanti dal PSC, sospesi nel 2020 per permettere agli Stati membri di far fronte alla pandemia globale da COVID-19.

 

Che cos’è il Patto di Stabilità e Crescita dell’Unione Europea?

Introdotto nel 1997 con il Trattato di Amsterdam, si tratta di un accordo multilaterale di politica economica che mira a garantire la stabilità finanziaria e la sostenibilità economica tra gli Stati membri dell’UE.

Il PSC si basa su due vincoli fondamentali. Gli Stati membri devono rispettare il limite del 3% per il disavanzo di bilancio e mantenere entro il 60% il rapporto tra debito pubblico e prodotto interno lordo (PIL). Nel primo caso il limite serve a limitare la possibilità di generare nuovo debito pubblico, nel secondo caso a mantenere un equilibrio tra la ricchezza prodotta e quella da restituire ai creditori. Questi criteri, quantitativi e uguali per tutti, furono introdotti come compromesso tra la necessità per gli Stati di ricorrere agli strumenti di credito per finanziare gli investimenti e la spesa pubblica e quella di garantire la stabilità dei mercati e la solvibilità dei debiti pubblici. L’interesse alla stabilità economica e finanziaria non è esclusivamente nazionale, specie se consideriamo gli Stati che hanno aderito all’euro e, quindi, alla politica monetaria comune regolata dalla Banca centrale europea. Il rispetto di questi criteri è monitorato dalla Commissione Europea e dal Consiglio dell’Unione Europea, che possono avviare procedure di sorveglianza e sanzioni nei confronti degli Stati che non rispettino i vincoli.

Fin dalla sua entrata in vigore, il PSC è stato oggetto di molte critiche a causa della rigidità dei criteri stabiliti e della difficoltà di adattarsi alle crisi che, di lì a poco, avrebbero attraversato gli Stati europei. Negli anni, la Commissione Europea ha registrato numerose violazioni del PSC ma non ha mai esercitato il proprio potere sanzionatorio in materia. D’altro canto, si comprende come elevare sanzioni pecuniarie (multe) agli Stati che non riescono a far fronte ai propri debiti difficilmente produrrebbe risultati virtuosi per l’economia degli stessi.  Se consideriamo la situazione dell’Italia, uno dei Paesi con il più alto debito pubblico dell’Unione, nel 2023 il rapporto tra debito pubblico e PIL è stato stimato intorno al 142,9%, ampiamente oltre la soglia stabilita dal PSC.

 

Che cosa cambia con il nuovo accordo?

L’accordo raggiunto dai ministri delle finanze il 20 dicembre lascia invariati i due vincoli previsti dal Patto ma interviene sulle modalità di funzionamento dello stesso. Se in passato l’applicazione dei limiti andava valutata anno per anno, in modo indifferenziato per ciascun membro, con la modifica del PSC la Commissione dovrà definire una traiettoria tecnica per la spesa pubblica che consenta di gestire il debito pubblico dei Paesi ad alto indebitamento. Proposta al Paese di riferimento, si tratterà di una programmazione pluriennale per la riduzione del debito pubblico in un arco temporale di medio termine, concentrandosi su 4 anni prorogabili fino a un massimo di 7.

Uno degli aspetti più interessanti della riforma è che si passa da una modalità di controllo e gestione del PSC sostanzialmente uguale per tutti e puramente quantitativa, a una gestione individuale basata sul dialogo tra l’esecutivo europeo e il Paese membro.

L’adozione di meccanismi basati sul confronto individuale e realistico tra gli Stati dovrebbe garantire maggior effettività all’applicazione del PSC. Inoltre, la riforma potrebbe garantire la flessibilità necessaria ad affrontare le sfide attuali: la crisi umanitaria in Ucraina e la transizione energetica. I detrattori, tuttavia, sostengono che tra i rischi della riforma vi sia un’estensione eccessiva dei poteri della Commissione Europea e che la possibilità di adottare traiettorie diverse a seconda dello Stato rischi di generare disuguaglianza tra gli stessi.

 

Attività

Educazione finanziaria e debito pubblico. Perché occorre indebitarsi?

Il ricorso al disavanzo di bilancio e al debito pubblico è fondamentale per sostenere la spesa pubblica e per effettuare gli investimenti necessari a mantenere il passo con l’economia globale. Oggi, gli Stati sono chiamati ad affrontare sfide complesse: dall’emergenza climatica, alle crisi umanitarie, dalla guerra alla gestione dei flussi migratori. Il ricorso al credito è spesso l’unico strumento per mantenere le promesse fatte ai cittadini e, più in generale, i servizi pubblici.

Ma in che modo si indebitano gli Stati?
Consultate il link di Borsa Italiana poi rispondete alle seguenti domande:

  • Quali sono i Titoli di Stato del Debito Pubblico?
  • Che differenza c’è tra Deficit e Debito pubblico?
  • Quali sono i vincoli al Bilancio dello Stato?

 

Fonti per approfondire:

 

Riferimenti nei testi Zanichelli:

  • Ronchetti, Diritto ed economia politica 5 ed, vol. 3, pp. 280-281 e 438-439;
  • Ronchetti, Economia e sostenibilità, vol. 2 – pp. 226 -229
  • Monti, Per questi motivi, vol. 2 – p. 397
  • Righi Bellotti – Selmi, Economia Globale, pp. 279-280
  • Righi Bellotti – Selmi, Il mondo dell’economia, pp. 277-278

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