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  La Corte di cassazione sullo stato di adottabilità del minore

La Corte di cassazione si è di recente pronunciata su un’importante questione attinente alla dichiarazione dello stato di adottabilità del minore.
Secondo l’art. 8 della legge n. 184 del 1983 (Diritto del minore ad una famiglia): “il Tribunale dichiara lo stato di adottabilità dei minorenni che si trovano in una situazione di abbandono perché privi di assistenza morale e materiale da parte dei genitori o dei parenti tenuti a provvedervi, purché la mancanza di assistenza non sia dovuta a causa di forza maggiore di carattere transitorio”.

La vicenda che stiamo per analizzare è nata da una sentenza di dichiarazione dello stato di adottabilità di un minore del Tribunale per i Minorenni di Torino, del 2019. La decisione si basò su una relazione dei Servizi sociali, che analizzava le competenze genitoriali della madre del minore, e su una consulenza psichiatrica, che evidenziava che la madre presentava gravi problemi di salute mentale (tra cui funzioni cognitive deficitarie, una personalità immatura e la mancanza di consapevolezza delle sue difficoltà genitoriali). Queste difficoltà, secondo il Tribunale, rendevano improbabile il recupero delle capacità genitoriali della mamma in tempi consoni con la crescita del figlio. Inoltre, il Tribunale rilevò che non erano presenti figure familiari che potessero sostituire o supportare la madre.

La madre ha proposto appello contro la sentenza del Tribunale. Tuttavia, nel 2022, la Corte d’appello ha confermato la sentenza di primo grado osservando che la madre non aveva recuperato le capacità genitoriali e manifestava problematiche di carattere cognitivo e comportamentale.
Pertanto, secondo la Corte d’appello, anche se la madre aveva intrapreso un percorso psicoterapeutico il minore avrebbe corso dei rischi se fosse stato revocato il suo stato di adottabilità.

 

La Corte di cassazione è intervenuta con l’ordinanza n. 6261 dell’8 marzo 2024. In questa ordinanza la Corte ricorda che, secondo la recente giurisprudenza, prima di dichiarare lo stato di adottabilità di un minore il Tribunale deve valutare attentamente la possibilità di recupero delle capacità e competenze genitoriali dei suoi genitori. È fondamentale che il Giudice, nella valutazione dell’abbandono morale e materiale del minore (che, come ricordato sopra, è il presupposto per dichiarare lo stato di adottabilità), basi la sua decisione su informazioni attuali e concrete, tenendo conto della volontà dei genitori di recuperare il rapporto con il figlio. Inoltre, la valutazione deve essere completa e non trascurare alcun aspetto rilevante riguardante i diritti del minore, incluso il suo interesse nel mantenere o interrompere il legame con i genitori naturali. Le carenze delle capacità genitoriali possono essere integrate temporaneamente attraverso un affidamento extrafamiliare, che è potenzialmente reversibile, a differenza della dichiarazione dello stato di adottabilità.

La Corte di cassazione ha in definitiva ritenuto che la Corte d’appello non abbia considerato adeguatamente il percorso di compiuto dalla madre per migliorare le sue capacità genitoriali. La mamma infatti aveva trovato un lavoro, affittato una casa e aveva anche interrotto una relazione nociva con una persona tossicodipendente. Inoltre, la Corte d’appello non ha dato il giusto peso anche al forte legame affettivo che lega madre e figlio e all’interesse del minore di volerlo mantenere. Questo legame era stato messo in luce dalla consulenza tecnica e dalle dichiarazioni dei genitori affidatari del minore, ed era dimostrato anche dai disturbi e nervosismi che il bambino manifestava quando veniva allontanato dalla madre dopo gli incontri.
Per questi motivi la sentenza della Corte d’appello è stata annullata.

Questa recente ordinanza della Corte di cassazione ricorda l’importanza di adottare un approccio sempre attento a garantire il benessere dei minori. Valorizzare i progressi dei genitori nel miglioramento delle loro competenze genitoriali e considerare il legame affettivo con il minore, rappresentano quindi pilastri fondamentali per garantire l’interesse dei bambini, che sono i più vulnerabili.

 

Attività

Lavoro di gruppo: dividere la classe in gruppi di 4-5 studenti.
I gruppi devono immaginare una famiglia che si trova in una situazione difficile a causa di problemi genitoriali simili a quelli descritti nell’articolo.
Ogni gruppo dovrà elaborare un testo in cui vengono spiegati i problemi che affliggono la famiglia immaginaria e ideare un piano strategico per offrire supporto e assistenza. Il piano deve includere il coinvolgimento dei servizi sociali e delle risorse comunitarie disponibili. I gruppi presenteranno il proprio progetto alla classe, discutendo i punti chiave delle strategie individuate e spiegando come queste possano migliorare la situazione per il minore o i minori coinvolti.
Nel dettaglio il lavoro si svilupperà come segue:

  1. Analisi della situazione ipotetica: definire la situazione della famiglia immaginaria (composizione e difficoltà della famiglia).
  2. Identificazione dei problemi principali: individuare i principali problemi che la famiglia deve affrontare (ad esempio: difficoltà a gestire situazioni quotidiane, a garantire un ambiente stabile e sicuro per il bambino o i bambini, la mancanza di un sostegno familiare o sociale significativo, ecc.).
  3. Sviluppo del piano di intervento: elaborare un piano dettagliato per supportare la famiglia.
  4. Presentazione del progetto: ogni gruppo presenterà il proprio piano alla classe, illustrando le strategie proposte, i ruoli dei vari soggetti coinvolti (come i servizi sociali, le agenzie sanitarie, ecc.) e le possibili sfide e opportunità nell’attuazione del piano.
  5. Confronto e riflessione: la classe si confronta sui vari approcci proposti, sulle implicazioni delle decisioni prese e riflette sull’importanza del supporto sociale per le famiglie in difficoltà.

 

Fonti per approfondire:

 

Riferimenti nei testi Zanichelli:

  • Monti-Faenza, Res publica 4ed, pp. 53 – 55
    Ronchetti, Diritto ed economia politica 5ed, vol. 1, pp. 239 – 241

 

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