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  Chi deve provare i vizi della cosa, il venditore o il compratore? Novità dalla Cassazione in materia di contratto di vendita

Il codice civile stabilisce che il venditore ha l’obbligo di garantire il compratore dai vizi della cosa. Ma l’onere della prova ricade sul venditore o sul compratore? La Corte di Cassazione interviene con una pronuncia che mette fine al contrasto giurisprudenziale. E fa tirare un sospiro di sollievo ai venditori.

Tra le obbligazioni principali del venditore c’è quella di “garantire il compratore … dai vizi della cosa” (art. 1476 n. 3 c.c.).
Si tratta di vizi che rendono la cosa “inidonea all’uso a cui è destinata o ne diminuiscano in modo apprezzabile il valore” (art. 1490 c.c.). Il codice civile però non specifica se è il venditore o il compratore a dover fornire la prova che la cosa avesse o meno dei vizi! È il compratore a dover dimostrare che il prodotto acquistato aveva un vizio? O è il venditore a dover provare di aver venduto un prodotto perfettamente integro?

Su questo punto la Corte di cassazione ha dato, negli anni, risposte discordanti. Solo recentemente la disputa si è risolta. Prima di scoprire in che modo, vediamo quali erano gli orientamenti in campo.

  • Fino al 2013 la giurisprudenza riteneva che l’onere della prova fosse carico del compratore che voleva far valere la garanzia.
  • Nel 2013 la Seconda Sezione della Corte di Cassazione ha ritenuto che l’indirizzo tradizionale non fosse più sostenibile: non era il compratore a dover provare l’esistenza dei vizi denunciati, ma il venditore a dover provare di avere consegnato la cosa immune da vizi. Per affermare questo, la Cassazione si basava sui principi che erano elaborati dalle Sezioni Unite nel 2001 con riferimento all’onere della prova dell’inadempimento delle obbligazioni, secondo cui grava sul venditore provare l’esatto adempimento.

A risolvere questo contrasto giurisprudenziale sono ora intervenute le Sezioni Unite (sentenza n. 11748 del 2019). Per capire se è possibile applicare i principi elaborati dalla Corte di cassazione nel 2001, le Sezioni Unite si sono innanzitutto chieste se la consegna di una cosa viziata costituisca inesatto adempimento ad una obbligazione del venditore.
Secondo il Supremo Collegio le obbligazioni del venditore sono:

  • l’obbligazione di consegnare la cosa oggetto del contratto
  • nella vendita di cose determinate solo nel genere, la duplice obbligazione di individuare, separandole dal genere, cose di qualità non inferiore alla media e di consegnare le cose individuate.

In entrambi i casi, ai fini dell’esatto adempimento dell’obbligazione di consegna, il venditore non deve fare altro che consegnare la cosa, indipendentemente dalla eventuale presenza di vizi. Di conseguenza, la garanzia per i vizi della cosa non può qualificarsi come obbligazione del venditore. È quindi il compratore a dover provare l’esistenza dei vizi della cosa.

Come precisato dalla Corte, questo approccio è anche più rispettoso del principio di vicinanza della prova. Secondo questo principio, quando si deve stabilire a chi spetti l’onere della prova bisogna tenere conto della possibilità, per l’uno o per l’altro soggetto, di provare fatti che ricadono nella rispettiva sfera di azione. Sarebbe infatti difficile, forse impossibile, per il venditore provare di aver consegnato un bene (che non è più nella sua disponibilità) privo di vizi.

 

Fonti per approfondire

 

Riferimenti nei testi Zanichelli:

  • Ronchetti, Diritto e legislazione turistica 4ed, vol. 1, p. 257

 

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