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  L’ultima sentenza della Corte di Giustizia in materia di discriminazioni omofobe

Nella sentenza pronunciata il 23 aprile 2020 la Corte di Giustizia si è espressa in merito alla questione, sottoposta con rinvio pregiudiziale dalla Corte di Cassazione italiana, relativa alla possibilità per una associazione di richiedere il risarcimento dei danni a seguito di dichiarazioni omofobe, anche se un individuo leso non è identificabile, e anche se sono state pronunciate da un potenziale datore di lavoro.

Quali sono i fatti della vicenda?
Nel caso di specie, il noto avvocato Carlo Taormina aveva dichiarato, nel corso di un’intervista realizzata durante una trasmissione radiofonica, di non voler assumere e di non volersi avvalere della collaborazione di persone omosessuali nel proprio studio legale.
La vicenda inizia nel 2014 quando Taormina, intervistato durante la trasmissione radio La zanzara, si lascia andare a una serie di dichiarazioni che esprimono disgusto e disprezzo per le persone gay (che definisce «gente malata», e aggiunge: «mi fanno ribrezzo, ho una crisi di rigetto, mi viene il vomito»). Dichiara anche che mai assumerebbe nel proprio studio legale persone omosessuali, affermando «faccio una cernita adeguata in modo che questo non accada».
Un’associazione di avvocati che difende in giudizio i diritti delle persone lesbiche, gay, bisessuali, transgender o intersessuate (LGBTI) ritiene che simili frasi costituiscano una discriminazione fondata sull’orientamento sessuale dei lavoratori, e conviene in giudizio l’avvocato Taormina per ottenere un risarcimento.

E quali sono state le difese dell’avvocato?
L’avvocato fa appello alla libertà di espressione previsto dall’art. 21 cella Costituzione, ma i giudici di primo e secondo grado confermano la condanna al risarcimento.

Sulla base di quali argomentazioni giuridiche viene pronunciata la condanna?
È vero che l’articolo 21 Cost. garantisce la libertà di manifestare il proprio pensiero con qualsiasi mezzo di diffusione, ma è altrettanto vero che questa libertà incontra i limiti degli altri principi e diritti che godono di garanzia e tutela costituzionale.
È evidente che la libertà di manifestazione del pensiero non può spingersi sino a violare altri principi costituzionali.

Taormina si rivolge allora alla Cassazione che sospende il procedimento e chiede alla Corte di Giustizia dell’Unione europea di stabilire tra l’altro se la discriminazione sul lavoro valga anche per le intenzioni espresse, quando le dichiarazioni non facciano riferimento ad una procedura di assunzione effettivamente esistente.

Quali sono le norme UE di riferimento nel caso di specie?
In particolare, le norme UE rilevanti in materia di discriminazione sono l’art. 21 della Carta dei Diritti fondamentali dell’UE che dispone che:
È vietata qualsiasi forma di discriminazione fondata, in particolare, sul sesso, la razza, il colore della pelle o l’origine etnica o sociale, le caratteristiche genetiche, la lingua, la religione o le convinzioni personali, le opinioni politiche o di qualsiasi altra natura, l’appartenenza ad una minoranza nazionale, il patrimonio, la nascita, la disabilità, l’età o l’orientamento sessuale“.

Ed ancora del tema si occupa la direttiva 2000/78/CE recepita dal diritto italiano con il decreto legislativo del 9 luglio 2003, n. 216.
La Corte Ue, analizzando questo quadro normativo, ha stabilito che dichiarazioni riconducibili all’esistenza di una politica di assunzioni omofoba rientrano nella nozione di «condizioni di accesso all’occupazione e al lavoro», anche qualora provengano da una persona che non abbia la capacità giuridica di assumere se questa esercita, o può essere percepita come capace di esercitare, un’influenza determinante sulla politica di assunzioni del datore di lavoro, come nel caso dell’avv. Taormina.
I principi e le direttive in base alle quali è stato condannato in primo e in secondo grado sono validi e, pertanto, si attende la sentenza della Cassazione.

 

Fonti per approfondire:

 

Riferimenti nei testi Zanichelli:

  • Monti – Faenza, Res publica 4ed, pp. 112-130
  • Ronchetti, Diritto ed economia politica 4ed, vol. 3, pp. 86-87

 

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