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  Royalty virtuale e brevetti contraffatti: la parola alla Cassazione

Il 2 marzo la Cassazione ha affrontato, nell’ordinanza n. 5666, il tema dei criteri di liquidazione del risarcimento previsto dall’art. 125 del D. Lgs. n. 30/2005, il Codice della Proprietà Industriale (CPI). Si tratta della disciplina del risarcimento del danno causato dalla vendita sul mercato di prodotti contraffatti, realizzati cioè in violazione del diritto di privativa del titolare del brevetto.

Il problema, una volta accertata una violazione di questo tipo, è rappresentato dalle modalità di accertamento del risarcimento dovuto a titolo di danno emergente e, soprattutto, lucro cessante. Se, infatti, l’individuazione del danno emergente è spesso più semplice, in quanto consistente nella conseguenza economica negativa causata direttamente dalla condotta vietata, la quantificazione delle somme da liquidare a titolo di lucro cessante è spesso oggetto di controversie.

Cosa si intende per lucro cessante?

Ci si riferisce al mancato guadagno causato dall’illecito. Oggetto di prova non sarà quindi una diminuzione negativa del patrimonio ma la causalità tra la sua mancata crescita e l’azione illecita, in questo caso la contraffazione del brevetto.

Dicevamo, la liquidazione di questi danni è spesso operazione complessa a causa delle variabili coinvolte e della difficoltà di individuare con precisione il valore di occasioni perse, quote di mercato ingiustamente sottratte, margini di profitto e volumi di vendita ipotetici.
L’art. 125 del CPI richiama per prima cosa i criteri di liquidazione stabiliti dal codice civile agli artt. 1223 (risarcimento del danno), 1226 (valutazione equitativa del danno) e 1227 (concorso del fatto colposo del creditore).
Lo strumento che viene maggiormente utilizzato in queste fattispecie è proprio quello previsto dall’art. 1226 c.c., la valutazione equitativa del danno da risarcire. Attraverso questa norma, il giudice ha il potere di liquidare una somma secondo equità. La decisione discrezionale del magistrato, tuttavia, viene indirizzata grazie all’applicazione di alcuni criteri ausiliari stabiliti dallo stesso art. 125 del CPI come la possibilità di chiedere la restituzione degli utili conseguiti in modo illecito dal contraffattore o la possibilità di liquidare il danno anche sulla base di elementi indiziari forniti dalle parti.
L’elemento di maggior rilevanza della pronuncia che esaminiamo è il criterio della royalty virtuale o “giusta royalty”. Si identifica con questo concetto il compenso che il contraffattore avrebbe dovuto pagare per poter usufruire in modo legittimo della licenza di utilizzo dell’altrui proprietà industriale. La Cassazione afferma che l’ammontare della royalty virtuale è da considerarsi il limite minimo da corrispondere una volta accertata la contraffazione, limite sotto il quale non è possibile scendere nemmeno in assenza della prova del lucro cessante.

Il criterio diventa dunque una sorta di cuscinetto che consente, nei casi in cui non si raggiunga la prova di un danno maggiore, di liquidare ugualmente il risarcimento dovuto al titolare del brevetto.

 

Attività

Lucro cessante e danno emergente: come funzionano i risarcimenti?
Rispolveriamo insieme i concetti di lucro cessante e danno emergente. Qual è la differenza?
Con l’aiuto dell’insegnante, la classe esegue una piccola ricerca giurisprudenziale tra le voci di risarcimento dei danni civili per rispondere alle seguenti due domande:

  • Cosa si intende per perdita di chance?
  • Nell’ambito della proprietà industriale è possibile ipotizzare dei danni morali?

 

Fonti per approfondire:

 

Riferimenti nei testi Zanichelli:

  • Ronchetti, Diritto ed economia politica 4ed, vol. 2, pp. 25 – 28
  • Ronchetti, Diritto e legislazione turistica 4ed, vol. 1, pp. 311 – 315

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